"L'illusione non si mangia"
"Non si mangia, ma alimenta"
(Gabriel Garcia Marquez)

lunedì 9 novembre 2009

Carmine, 24 anni, carabiniere

SAN LUCA - La lista comprende due monsignori, un avvocato e un medico. Poi spunta Carmine Tripodi, con la licenza media e la divisa indossata a 17 anni forse più per avere un mestiere che per seguire una vocazione. Quando a 20 anni lo spediscono in Calabria, non se lo immagina neppure che un giorno finirà infilato pure lui tra i personaggi illustri di Torre Orsaia, il suo paese piccolo piccolo nelle campagne del Salernitano. A come verrà ricordato da morto, un ventenne di solito non pensa, soprattutto quando c'è da lavorare e poco tempo per pensare. Nel 1980 a Bianco, dove sbarca fresco di scuola allievi sottoufficiali, è già tanto se si riesce a mangiare e dormire. Il giovane brigadiere è capo equipaggio del Nucleo operativo e radiomobile. In pratica è sempre sulla strada, lungo la statale 106 che unisce i paesi della costa jonica reggina, e poi lungo le provinciali, le comunali e  pure le mulattiere ché per raggiungere Casignana, Motticella, Ferruzzano e Caraffa del Bianco il tragitto non sempre è facile, specie d'inverno quando il cielo la manda di santa ragione e pure i paesi sembrano scivolare a mare. Solo che le prigioni dei sequestrati li devi cercare per forza lì, in mezzo agli ovili, dentro le grotte scavate nella terra dura dell'Aspromonte e non sempre le trovi vuote. Carmine Tripodi lo impara presto. E' in Calabria da 5 mesi quando il pensionato 76enne Silvio De Francesco, rapito a Bovalino il 7 ottobre 1980, viene trovato morto quattro giorni dopo il sequestro. E poi c'è il pensiero tormentoso dei bambini: di Giovanni Furci, 9 anni, la famiglia di Locri non ha notizie da mesi (la sua prigionia durerà 213 giorni);  il piccolo Alfredo Battaglia, 13 anni, alla sua casa di Bovalino è tornato dopo 115 giorni. La lista dei desaparecidos, a scorrerla con attenzione, è praticamente infinita: ci sono i sequestrati calabresi (11 nella sola Bovalino) e ci sono i sequestrati che potrebbero essere finiti in Calabria. Insomma, se nel 1980 sei brigadiere dei carabinieri a Bianco, hai in una mano l'elenco degli scomparsi e nell'altra quello delle famiglie di 'ndrangheta e ci provi a non confonderti tra  Morabito, Palamara, Strangio, Pelle e Vottari. L'8 gennaio 1982, il giorno in cui entra nella caserma di San Luca come comandante interinale, Carmine le idee le ha già un po' schiarite:  qualcuno vedendolo passare per le vie del paese di Corrado Alvaro pensa che il ragazzo è stato mandato come una pecora in mezzo ai lupi, ma lui pecora non ci si sente. 

mercoledì 30 settembre 2009

Camminata in Aspromonte (la forza della memoria)

 La freccia rossa che indica dove trovare Lollò punta costantemente in basso, verso la valle di querce, torrenti e sentieri franosi ai piedi di Pietra Cappa. Dal fazzoletto d’Aspromonte che per dieci anni ne ha custodito il corpo, la grande roccia che incombe su San Luca, però, non si vede, nascosta allo sguardo dal bosco fitto che circonda una croce e una lapide scarna. Di Lollò Cartisano - il fotografo di Bovalino rapito il 22 luglio 1993 e ucciso nel corso della prigionia con un colpo alla testa – c’è solo la data di nascita. “Quella della morte non la conosciamo”, fa notare Deborah, tenendo in mano una pietra dipinta di fiori gialli. A terra, colorate di azzurro, verde e rosso, ce ne sono altre, portate in dono nel corso degli anni. “Dieci anni dopo il rapimento abbiamo ricevuto la lettera di uno dei sequestratori che ci chiedeva perdono e ci indicava il luogo in cui mio padre era stato sepolto. Il cuore della ‘ndrangheta, duro come una pietra, si era sciolto nel pentimento. Tutto il nostro inferno era almeno servito a convertire un uomo delle cosche. Per questo abbiamo chiesto agli amici di portare queste pietre colorate, simbolo del miracolo realizzato da papà”. E per questo il cammino-pellegrinaggio con cui la famiglia ha deciso di ricordare ogni 22 luglio Lollò, si è trasformato nel corso degli anni da riservatissima questione privata in intenso momento comunitario, proprio come la messa officiata nella villetta di Bovalino marina dove il fotografo fu rapito insieme con la moglie Mimma Brancatisano (poi rilasciata). Quella casa oggi ospita minori a rischio. Nel segno della speranza e della condivisione di un percorso che, simile al paesaggio dell’Aspromonte, mescola asprezza e bellezza.