"L'illusione non si mangia"
"Non si mangia, ma alimenta"
(Gabriel Garcia Marquez)

venerdì 25 novembre 2011

Rosarno, donne e 'ndrangheta: il processo del contrappasso

Giuseppina Pesce al momento dell'arresto
ROSARNO - Le prime parole da imputati non le hanno usate per  dichiararsi innocenti. "Vogliamo Di Palma, non quella".  Dentro le gabbie dell'aula bunker del Tribunale di Palmi gli uomini dei Pesce hanno cambiato il punto di osservazione della realtà, non le idee. Al magistrato donna che sostiene l'accusa - il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Alessandra Cerreti - non intendono riconoscere legittimità di interlocutore. Ne storpiano il nome - "La Cerutti, la Ceretti" - la indicano come "quella". Avrebbero voluto che a snocciolare i capi d'imputazione del processo "All Inside", che minaccia di assestare un colpo devastante alla storica 'ndrina di Rosarno, si presentasse il collega "maschio" Roberto Di Palma. Per una questione di rispetto. Perché il "nemico", se è in gamba, lo puoi pure rispettare. Ma una femmina, no, quella è un'altra storia. E invece, tra pm e collegio giudicante interamente al femminile, e la sanguinante spina del fianco di una donna di famiglia diventata grande accusatrice, i Pesce stanno sostenendo il processo del contrappasso.  E' vero, le tegole piovute nell'ultimo anno e mezzo sulla cosca, tra sequestri milionari, manette ai latitanti, boss spediti al regime detentivo del 41 bis e pioggia di condanne in abbreviato, basterebbero da sole a spiegare il clima pesantissimo nel quale, da luglio, si sta celebrando il procedimento con rito ordinario. Ma la beffa brucia quanto, se non più, dell'offesa. E quelle donne che in aula li accusano (il pm Alessandra Cerreti), li giudicano (presidente Concettina Epifanio, a latere Maria Laura Ciollaro e Antonella Crea) e li "tradiscono" (Giuseppina Pesce e Rosa Ferraro) rappresentano una beffa amarissima.

mercoledì 27 luglio 2011

Grand Hotel Cengizhan

La posizione è felice. Scarsi, invece, i servizi. Forse è per questo che il Grand Hotel Cengizhan, con le sue stanze vista mare dal molo foraneo del porto di Crotone, non compare sulle guide turistiche. Il suo successo, partito tre anni fa, è legato esclusivamente al passaparola di un'affezionata clientela: migranti impastoiati nelle maglie della legislazione italiana, in attesa di un ricorso, di un'audizione, di un rinnovo, senza soldi per un altro tetto, lo hanno eletto a dimora del cuore. In fondo, a volerci ridere su, è come andare in crociera senza partire e pagare. Se solo dimentichi il puzzo di combustibile e di marcio, il caldo, gli stracci, la ruggine e i topi. Se dimentichi che stai sopra un mercantile turco che in Italia ne ha portati a centinaia come te, uomini che stavano ammassati, scambiandosi sudore e paura, in attesa della terra ferma. Se solo, infine, non pensi che la terra ferma l'hai sognata pure tu e credevi bastasse metterci i piedi sopra, alla fine di quella traversata da vomito, per raggiungerla. E invece stai lì a dormire in un barcone, a metterti in fila sul molo per il pranzo della Caritas, e a fissare il mare, la sera, dalla prua scrostata del Cenghizan.