"L'illusione non si mangia"
"Non si mangia, ma alimenta"
(Gabriel Garcia Marquez)

mercoledì 26 dicembre 2007

Nel triangolo della lupara bianca

Valentino Galati
FILADELFIA - Ignora se e dove gli auguri lo raggiungeranno. “E non saperlo ti consuma dentro, ti spegne lentamente”. Ma Anna Fruci non intende per questo rinunciare al diritto di scandire a voce alta “buon Natale”, rivolgendosi idealmente al quarto dei suoi sette figli, quello che non ancora ventenne uscì da casa un anno fa senza farci ritorno.“Ormai la gente non mi chiede più se ho notizie, si comporta come se non fosse successo nulla, quasi come se Vale non fosse mai esistito. Altri, invece, quando mi incontrano abbassano gli occhi e cambiano strada. So che molti a Filadelfia sanno che fine ha fatto mio figlio”.

Se sanno, tacciono, però. E il silenzio sulla sorte di Valentino Galati, un passato immacolato di seminarista a Catanzaro e un presente pericoloso di custode di un villaggio turistico di Pizzo, non fa più respirare tra le mura domestiche di contrada Caria, a Filadelfia, grosso centro delle Serre vibonesi. Spente le fiaccole dei cortei di solidarietà, esaurite le parole di vicinanza pronunciate “a caldo” dai rappresentanti delle istituzioni e dai cittadini, diradate fino a sparire le visite degli investigatori al lavoro sulla scomparsa, in casa Galati resta, tra sigarette e calmanti, solo la dolente conta dei giorni - 365 il prossimo 27 dicembre – e la foto sorridente di Valentino che sul caminetto fa compagnia al ritratto del Sacro Cuore di Gesù. Con la stessa espressione bonaria, a pochi giorni dalla sparizione, il ventenne cominciò a campeggiare dalle pagine di cronaca dei quotidiani regionali mentre la casalinga Anna Fruci e il bidello Vincenzo Galati si aggrappavano all’ipotesi di un allontanamento volontario. “Una madre deve sempre sperare”. A un anno di distanza, però, della speranza è rimasta solo la parola e anch’essa smozzicata.

giovedì 27 settembre 2007

Cs Meta2, una favola calabrese

BADOLATO - Ilenia la questione dei passi e dei rimbalzi non l’ha ancora capita bene e dopo ogni tentativo di tiro contro la porta senza rete alza le spalle con il rossore dei 10 anni: “Professore, non ci riesco”. Nessun dramma. Per lei e per le altre under 14 che da un angolino del campetto gettano uno sguardo agli allenamenti di sorelle, cugine o amiche più grandi, non c’è alcuna fretta. I segreti della pallamano, tra le ore di educazione fisica nel cortile della scuola media e le sessioni di allenamenti pomeridiani, pioggia permettendo, avranno tutto il tempo di apprenderli con calma lasciando che pivot, passi e rimbalzi continuino ad essere solo un gioco da bambine.Da queste parti, però, le bambine giocano sul serio, tanto da riuscire a finire catapultate dalla piazza del paese ai campi della serie A, sparigliando pronostici, destabilizzando esperti e costringendo federazione nazionale e squadre femminili di tutta Italia a cercare Badolato sulla carta geografica della Calabria. Lacuna poco sorprendente, la loro.

A sud dei velenosi palazzi della politica di Catanzaro e a nord delle sanguinarie faide di San Luca, Badolato (Cz) è incastrata lontana da telecamere e titoli sui giornali, il vecchio cuore nel paese lasciato solo sulla collina, la faccia nuova nei condomini spalmati in marina, tra un cartello di benvenuto e uno di arrivederci lungo la statale jonica. In mezzo, tremila abitanti, sei bar, la piazza, il distributore di benzina, i vecchi orgogliosi di aver tenuto a bada la celere di Scelba durante lo sciopero al rovescio nel 1950, i più giovani orgogliosi della bella figura regalata alla Calabria con l’accoglienza dei curdi sbarcati dall’Ararat. Storie che le quindici giovanissime giocatrici della Cs Meta 2, il 6 ottobre attesa al debutto in serie A contro il Grosseto, conoscono dai resoconti di nonni e genitori che dell’ultima favola di Badolato, quella raccontata, cioè, a colpi di pallone, forse non si sono ancora accorti.

La pallamano, d’altronde, non è il calcio. “Quando in Italia dai a un ragazzino un pallone da calcio sa già cosa farsene, lo vede e lo impara da piccolo; con la pallamano è diverso, devi cominciare da zero, spiegando
come maneggiare la palla, come si gioca”. Il professore Valentino Paparo le sue lezioni di educazione fisica nel cortile della scuola media di Badolato ha preferito comunque dedicarle allo sport “minore” con una
scelta controcorrente ripagata da risultati inattesi: “Abbiamo cominciato a vincere”. Prima nei tornei scolastici, poi nelle competizioni juniores, le piccole badolatesi diventate “squadra” tra una lezione di italiano e una di
matematica macinano vittorie e risate, e macinando vittorie e risate cominciano a crescere.